LUCE nei DIALOGHI di PLATONE
"...alla dimora della prigione, e la luce del fuoco che vi è
dentro al potere del sole. Se poi tu consideri che l'ascesa e la contemplazione
del mondo superiore equivalgono all'elevazione dell'anima al mondo
intelligibile, non concluderai molto diversamente da me [...]. Nel mondo
conoscibile, punto estremo e difficile a vedere è l'idea del bene; ma quando la
si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò
che è retto e bello, e nel mondo visibile essa genera la luce e il sovrano
della luce, nell'intelligibile largisce essa stessa, da sovrana, verità e
intelletto."
Platone, La Repubblica, libro VII, 517 b - c
Con il famosissimo “ Mito della caverna”, Platone pone il
tema della conoscenza come pilastro del suo pensiero filosofico e prova ad
illustrare il lungo percorso educativo
verso la conoscenza del vero evidenziandone la superiorità rispetto alla
“doxa”, all’opinione. Come prima cosa, l'uomo deve svegliarsi da quel sonno che
viene chiamato "vita", che è rappresentato, nel mito, dalla
liberazione di un prigioniero dalla
caverna in cui è costretto. L’uomo, una
volta uscito, si rende conto delle finzioni che prima credeva entità reali,
ovvero le ombre sulla parete della caverna e solo dopo giunge a vedere la verità per quella che è
realmente, rappresentata dal sole ed dal mondo all'esterno della caverna.
L'istinto dell'uomo è quindi quello di liberare gli altri prigionieri per
condividere le sue scoperte, ma questo tentativo è inutile, in quanto i
prigionieri non possono e non vogliono vedere oltre le rassicuranti ombre ed
attaccano il portatore della verità.

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